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SOSPENSIONE MUTUI PRIMA CASA
In seguito all’emergenza Covid è stata esteso anche ai lavoratori dipendenti con riduzione o sospensione dell’orario di lavoro (ad esempio per cassa integrazione) per un periodo di almeno 30 giorni e ai lavoratori autonomi e ai professionisti che abbiano subito un calo del proprio fatturato superiore al 33% rispetto al fatturato dell’ultimo trimestre 2019. l'operatività del fondo Gasparrini.
Inoltre, per tutte le ipotesi di accesso al Fondo, che prevede il diritto per i titolari di un mutuo contratto per l’acquisto della prima casa che siano nelle situazioni di temporanea difficoltà di beneficiare della sospensione del pagamento delle rate fino a 18 mesi: non è più richiesta la presentazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE); è possibile beneficiare anche per chi ha già fruito in passato della sospensione (purché l’ammortamento sia ripreso da 3 mesi); è stato previsto che il Fondo sopporti il 50% degli interessi che maturano nel periodo della sospensione.
Il Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa (il cosiddetto fondo Gasparrini) è stato istituito, presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze, con la legge n. 244 del 24/12/2007 che all'articolo 2, commi 475 e ss., ha previsto la possibilità, per i titolari di un mutuo fino a 250.000 euro, contratto per l'acquisto della prima casa, di beneficiare della sospensione per 18 mesi del pagamento delle rate al verificarsi di situazioni di temporanea difficoltà.
Il Fondo sostiene il 50% degli interessi che maturano nel periodo della sospensione.
In occasione dell’emergenza sanitaria per l’epidemia di Coronavirus il Fondo è stato rifinanziato con 400 milioni di euro e, come disposto dall’articolo 54 del Decreto legge 18/20020 (il cosiddetto “Cura Italia”), la platea dei potenziali beneficiari è stata allargata alle seguenti categorie di beneficiari:
I lavoratori che hanno subito una sospensione o una riduzione dell’orario di lavoro per un periodo di almeno 30 giorni (Cassa Integrazione o altri ammortizzatori sociali);
I lavoratori autonomi e liberi professionisti (per un periodo di 9 mesi dall’entrata in vigore del Decreto legge n.18/2020) che hanno registrato in un trimestre successivo al 21 febbraio 2020, ovvero nel minor periodo intercorrente tra la data dell’istanza e la predetta data, una riduzione del fatturato superiore al 33% rispetto a quanto fatturato nell’ultimo trimestre 2019 in conseguenza della chiusura o della restrizione della propria attività, operata in attuazione delle disposizioni adottate dall’autorità competente per l’emergenza coronavirus.
Restano valide le altre casistiche di temporanea difficoltà economia già precedentemente previste per l’accesso al Fondo, ovvero:
La cessazione del rapporto di lavoro subordinato, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa, con attualità dello stato di disoccupazione;
La cessazione dei rapporti di lavoro “atipici” di cui all'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di recesso datoriale per giusta causa, di recesso del lavoratore non per giusta causa, con attualità dello stato di disoccupazione;
La morte o riconoscimento di handicap grave di un titolare del mutuo, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero di invalidità civile non inferiore all'80 per cento.
Come fare domanda?
Per ottenere la sospensione del mutuo, il cittadino in possesso dei requisiti previsti per l’accesso al Fondo deve presentare la domanda alla banca che ha concesso il mutuo e che è tenuta a sospenderlo.
Per fare richiesta di sospensione delle rate, va compilato e consegnato alla propria banca il modulo per la richiesta della sospensione che viene pubblicato anche da Consap Spa (società in house del Ministero dell’Economia e delle Finanze e gestore del Fondo) oltre che in questa pagina.
Fino al termine dell’emergenza COVID-19, per l’accesso al Fondo non sarà richiesta la presentazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) e sarà possibile farne richiesta anche per coloro che hanno in passato già beneficiato della sospensione del mutuo purché abbiamo regolarmente pagato le rate degli ultimi 3 mesi.
EMERGENZA CORONAVIRUS: BONUS BABY-SITTING
L’articolo 23, del decreto #CuraItalia ha previsto per l’anno 2020, a decorrere dal 5 marzo, in conseguenza dei provvedimenti di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, misure di sostegno alle famiglie per l’assistenza e la sorveglianza dei figli di età non superiore ai 12 anni.
In alternativa rispetto allo specifico congedo parentale, è prevista la possibilità di fruizione di un bonus per i servizi di baby-sitting, nel limite massimo complessivo di 600 euro da utilizzare per prestazioni effettuate nel periodo su indicato. Il bonus viene erogato mediante il Libretto Famiglia di cui all’articolo 54-bis, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50. Sulla base di quanto ulteriormente previsto all’articolo 25 del medesimo decreto-legge, il bonus spetta per un importo fino a 1.000 euro complessivi, anche ai lavoratori dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato, appartenenti alla categoria dei medici, degli infermieri, dei tecnici di laboratorio biomedico, dei tecnici di radiologia medica e degli operatori sociosanitari, in alternativa al congedo parentale specifico, nonché al personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico impiegato per le esigenze connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
"ai sensi dell'art. 31 T.U. Immigrazione (d.lgs. 286/98), il Tribunale per i Minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del d.lgs. 286/98...è indubbio che la presenza dei requisiti per l'autorizzazione debba essere puntualmente dedotta dal ricorrente nonzhè accertata dal giudice minorile, dovendosi inquadrare la condizione giustificativa del rilascio dell'autorizzazione ex art. 31, terzo comma, d.lgs. 286/98 in termini di sitauzione emergenziale e, dunque, dotata dei requisiti dell'eccezionalità e gravità, proprio perchè derogatoria delle disposizioni del Testo unico sull'immigrazione;
è altrettanto incontestato che tale norma non può in alcun modo rappresentare uno strumento per regolarizzare la propria posizione sul territorio e per realizzare il progetto migratorio del ricorrente, che invece deve essere effettuato sulla base delle specifiche norme previste dalle leggi in materia;
pertanto, possono ritenersi pienamente sussistenti i presupposti del provvedimento autorizzativo ex art. 31 laddove si accerti la "reale ed effettiva presenza del genitore, la sua idoneità ad occuparsi del minore, ad allevarlo in un ambiente familiare idoneo a garantirne la crescita, nonchè a prendersi carico dei bisogni e dei problemi di lui";
in quest'ottica la Corte di Cassazione ha chiarito che "nel giudizio avente ad oggetto l'autorizzazizone all'ingresso o alla permanenza in Italia del familiare di minore straniero, ex art. 31, comma 3, del d.lgs. 286 del 1998, la sussistenza di comportamenti del familiare medesimo incompatibili con i suo soggiorno nel territorio nazionale deve essere valutata in concreto attraverso un esame complessivo della sua condotta, al fine di stabilire, all'esito di un attento bilanciamento, se le esigenze statuali inerenti alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza nazionale debbano prevalere su quelle derivanti da gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore, cui la norma conferisce protezione in via primaria...;
ed ancora, "in tema di autorizzazione temporanea alla permanenza in Italia del genitore del minore...le situazioni che possono integrare i "gravi motivi" di cui al citato art. 31 non si prestano ad essere catalogate o standardizzate, spettando al giudice di merito valutare le circostanze del caso cncreto con particolare attenzione, oltre che alle esigenze di cure mediche, all'età del minore, che assume un rilievo presuntivo decrescente con l'aumentare della stessa, e al radicamento nel territorio italiano, il cui rilievo presuntivo è, invece, crescente con l'aumentare dell'età, in considerazione della prioritaria esigenza di stabilità affettiva nel delicato periodo di crescita....;
alla luce del chiaro disposto normativo e dell'evoluazione giurisprudenziale sul punto occorre chiarire che:
- il rigetto del ricorso ex art. 31 comma 3 TU immigrazione non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati che lo stesso tsto unico considera ostativi all'ingresso o al soggiorno dello straniero, specie se tratatsi di precedenti penali risalenti nel tempo e superati da una successiva fase di rielaborazione e da un nuovo percorso di vita;
- la condanna penale, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, deve necessariamente rilevare, potendo costituire una minaccia concreta e attuale per l'ordine pubblico e rappresentando un aspetto inconciliabile con il corretto svolgimento della funzione genitoriale o, comunque, un fattore idoneo ad incidere negativamente sullo stesso alla luce del preminente diritto del minore a vivere in un contesto di legalità; in ogni caso, l'interesse del minore va bilanciato con l'interesse a preservare la sicurezza pubblica dai comportamenti che ne costituiscono una minaccia concreta e attuale..."
Decreto Tribunale di Bologna 19/02/2019
Estratto
"Ebbene, il quadro che emerge è tale da far ritenere che in caso di rientro in Patria egli potrebbe sia affrontare pericoli per la sua stessa sopravvivenza, che subire una lesione del diritto al rispetto della propria vita privata e famigliare, relativamente al quale viene in rilievo, quale parametro di riferimento, oltre l'art. 2 Cost., il diposto dell'art. 8 della Convezione Europea dei diritto dell'uomo...da un lato, la mancanza di precedenti penali...la capacità dimostrata di saper cogliere le occasioni di inserimento ed di integrazione messe a sua disposizione...la grave situazione di povertà che si troverebbe ad affrontare in Marocco, comprovata anche dalla mancanza di possibilità per il nucleo famigliare di acecsso ai diritti primari...i termini del confronto dimostrsano la necessità di proteggere il ricorrente dal rischio di una certa e rilevante compromissione dei suoi diritti fondamentali inviolabili, tra cui la vita familiare e la salute psico-fisica che sarebbe in pericolo per l'impossibilità di godere di una vita dignitosa".
Estratto dalla Ordinanza n. 1045/2018 del 02/03/2018 r.g. n. 12438/2017
"La recente pronuncia della Cassazione sezione prima n. 4455/2018 ha affermato che il parametro dell'inserimento sociale e lavorativo dello straniero in Italia può essere valorizzato come presupposto non esclusivo per il riconoscimento della protezione umanitaria, bensì come circostanza che può concorrere a determinare una situazione di vulnerabilità personale che merita di essere tutelata attraverso il riconoscimento di un titolo di soggiorno che protegga il soggetto dal rischio di essere immesso nuovamente in un contesto sociale, politico o ambientale idoneo a costituire una significativa ed effettiva comprommissione dei suoi diritti fondamentali inviolabili. Il ricorrente ha dichiarato di aver lasciato il paese di origine nel 1997; si trova nel nostro paee da oltre 20 anni e dopo aver provato a regolarizzarsi senza successo ora è titolare di un regolare rapporto lavorativo a tempo indeterminato...compatibili con la situazione attuale del Marocco, che...risulta ancora combattere quotidianamente con il problema della povertà. La possibilità di avere e mantenere una attività lavorativa è strettamente connessa alla tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo (art. 32 Costituzione)...La concssione della protezione umanitaria appare nel caso concreto, come misura idonea ad attuare la tutela dei diritti fondamentali inviolabili come previsti a livello nazionale dalla Costituzione ed a livello internazionale dalla dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo...e dal Patto Internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali e quello relativo ai diritti civili e politici, adottati a New York...ratificati in Italia con legge n. 881/1977...".
Il Tribunale del Lavoro di Bologna con l'Ordinanza del 22/07/2015 che si allega ha condannato il Comune di Bologna, a seguito di ricorso ex art. 43 d.lgs. 286/98, per comportamento discriminatorio nei confronti di cittadina nigeriana titolare di permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Nella specie, il Comune di Bologna rifiutava di riconoscere alla cittadina straniera titolare del predetto titolo di soggiorno l'Assegno di Maternità, ritenendo necessario per percepire la citata provvidenza economica il Permesso di Soggiorno per Protezione Internazionale o Sussidiaria.
Il Tribunale del Lavoro, in accoglimento del ricorso, ha ritenuto che il rifiuto opposto alla richiesta della cittadina straniera determina un trattamento ingiustificato e, pertanto, a contenuto discriminatorio.
Avv. Fabio Loscerbo - Presidente A.L.I.
Commento all'Ordinanza n. 733/2015 del 14/05/2015
Nel caso di specie veniva impugnato il provvedimento emesso dall'Ambasciata Italiana in Colombo (Sri Lanka), che ha respinto la domanda di visto di ingresso per ricongiungimento familiare nell'interesse del figlio della ricorrente.
Esponeva la ricorrente che le motivazioni addotte dall'Ambasciata sono viziate da accesso di potere e carenza di motivazione atteso che l'Autorità Consolare avrebbe dovuto semplicemente accertare l'autenticità della documentazione comprovante la relazione di parentela e che la circostanza sulla quale è stato negato il visto ossia che il nulla osta fosse stato rilasciato dalla Autorità Amministrativa Italiana da oltre sei mesi, non poteva essere legittimamente addotta.
Il Tribunale Civile di Bologna ha ritenuto il ricorso fondato.
In base al dato normativo costituito, quale fonte primaria, dai dagli articoli 29 ss. del testo unico numero 286 del 1998 e dagli articoli 5 e 6 bis del DPR 394 del 1999, quale normazione secondaria, può affermarsi che la competenza sulla esistenza dei presupposti di legge per la concessione del nulla osta ricongiungimento familiare è attribuita dalla legge solo all'organo istituito presso la Prefettura, acquisito il parere della Questura: in tal senso depone il chiaro dettato del comma 7 dell'articolo 29 del testo unico numero 286 del 1998.
Quanto al visto di ingresso deve osservarsi, in primo luogo, che l'articolo 29, comma 7, del decreto legislativo 286 del 1998 indica quale sia l'ambito del potere attribuito all'autorità consolare italiana.
Il rilascio del visto nei confronti del familiare per il quale stato rilasciato il predetto nulla osta è subordinato all'effettivo accertamento dell'autenticità, da parte dell'autorità consolare italiana, della documentazione comprovante i presupposti di parentela, coniugio, minorità, o dello stato di salute.
Dunque, la norma primaria attribuisce all'autorità consolare italiana solo ed esclusivamente un potere di verifica formale dell'autenticità della documentazione prodotta. Inoltre l'autorità consolare italiana, in presenza del nulla osta, deve provvedere al rilascio del visto, quale atto consequenziale e dovuto, ove la verifica della sola autenticità della documentazione esibita abbia avuto esito positivo: in sintesi tale autorità non ha alcun potere di verificare l'esistenza dei presupposti di legge compito che spetta alla Prefettura attraverso il rilascio del nulla-osta, ma si deve limitare a verificare l'autenticità della documentazione prodotta.
Tale conclusione è confermata anche dalla lettura delle norme regolamentari di cui agli artt. 5 e 6 bis del d.p.r. 394/1999, modificate dal D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334: tali norme hanno una valenza generale, perchè si riferiscono a tutti i tipi di visto di ingresso, mentre l'art. 6 si riferisce esplicitamente ai visti per ricongiungimento familiare; orbene l'art. 6 non prevede alcun potere di controllo diverso da quello indicato nell'art. 29 comma 7 del d.lgs. 286/98.
Pertanto, nel caso in esame, il diniego del visto è stato emesso illegittimamente in quanto la motivazione non è strettamente legata al controllo formale di autenticità dei documenti allegati.
La legge, inoltre, ai fini del rilascio del visto da parte dell'autorità consolare non pone alcun termine a carico dello straniero richiedente.
Peraltro il Tribunale ha ritenuto che la motivazione addotta per il diniego fosse carente in quanto non è possibile evincere dalla stessa nemmeno la asserita non attualità del nulla osta sia o meno imputabile alla ricorrente ovvero se al contrario essa sia derivata dalla mancata tempestività da parte dell'Ambasciata nell'assumere la decisioni.
Pertanto, ai sensi dell'articolo 30 d.lgs. 286/98 il Tribunale Civile di Bologna ha disposto l'annullamento del provvedimento di diniego e disposto il rilascio del visto richiesto.
Avv. Fabio Loscerbo
Presidente A.L.I.
Con l'Ordinanza allegata del 8 Luglio 2015 il Giudice di Pace di Bologna, nella persona dell'Avv. Andrea Zardi, ha annullato il provvedimento di espulsione per omessa traduzione in lingua conosciuta allo straniero.
In particolare, il GdP ha osservato che l'Amministrazione non ha fornito la prova dell'esecuzione del provvedimento mediante la notifica all'interessato con la traduzione in lingua conosciuta dallo straniero, ovvero nella lingua veicolare.
Per tale motivo il GdP ha accoto il ricorso ed annullato il provvedimento di espulsione.
Avv. Fabio Loscerbo
Presidente A.L.I.
Con Sentenza del 04/08/2015 il T.A.R. Emilia Romagna ha accolto il ricorso avverso il provvedimento di diniego alla domanda di rinnovo del titolo di soggiorno per lavoro subordinato emesso dalla
Questura di Modena, per violazione dell'art. 10 bis l. 241/90.
Il G.A. ha osservato che "Ritenuto che appare fondata, e assorbente delle altre censure, la doglianza incentrata
sulla violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, per essere illegittimo il
diniego di rinnovo del permesso di soggiorno non preceduto dal preavviso di rigetto,
allorquando risulti che tale comunicazione avrebbe consentito allo straniero di
comprovare la propria situazione e di introdurre nel procedimento elementi
astrattamente utili alla determinazione conclusiva (v., ex multis, TAR Emilia-
Romagna, Bologna, Sez. I, 30 luglio 2014 n. 783)".
Avv. Fabio Loscerbo - Presidente A.L.I.